Il punto è battito, ritmo, ripetizione. E’ il primo segno grafico, la base da cui tutto si svilupperà.
Il nostro cervello, a livello percettivo, tende a completare la linea virtuale generata da due punti più o meno vicini. Quindi non sottovalutiamolo: un punto vicino ad un altro potrebbe divertirci con effetti straordinari!
Il punto è la battuta sul tamburo, la linea suggerisce una melodia.
Un insieme di punti può generare una struttura ritmica. La stessa cosa succede con la linea, che ha però altre proprietà e aggiunge dati importanti alla nostra lettura.
Il punto però non è un cerchio. O meglio, c’è un momento in cui il segno che stiamo tracciando cambia identità e si trasforma in qualcos’altro. Appunto, in un cerchio.
E’ un problema di dimensioni? E’ l’intenzione di chi traccia il segno, che gli conferisce una certa identità piuttosto che un’altra?
Consiglio: se potete lavorate pezzi piccoli, per fare più prove - usiamo i nostri fogli 30 x 30 divisi in 4 parti
- Primo esercizio: tracciamo dei punti. Osserviamo con quale strumento riusciamo meglio. Proverei con biro, con un pennello se c’è, con delle gocce da far cadere sulla carta, con il dito bagnato nella tempera o nell’inchiostro. Se mentre fate questo esercizio vi viene in mente un'idea per lavorare in modo non del tutto casuale, fatelo. Potrebbe essere qualcosa del tipo:
Una tecnica in ogni sezione del foglio | I puntini si aggregano in un angolo per pio disperdersi | Si aggruppano per creare una macchia | Fanno la fila ma poi a un certo punto esplodono (ci sono altre mille cose che possono sorgere spontanee)
- Secondo esercizio: facciamo punti, anche con dei ghirigori sulla carta. Quando diventano cerchi? Riflettiamo sul gesto, e sulla percezione della forma
- Terzo esercizio: il punto come struttura ritmica. Una serie di punti su una linea, può rappresentare un ritmo. Ma se dispongo una alterazione nella sequenza, automaticamente cambia. E’ uno spartito primitivo. Ma lo stesso spartito suona molto diverso se schiocco le dita o se batto due coperchi. Dovrò cambiare anche il segno? Ascolto musica e sento che il mio gesto cambia e mi diverto a seguire la mia musica preferita. (E’ adatta ai miei puntini?) - Ché materiale ho scelto per fare i punti?
Sarebbe molto bello ascoltare 4 musiche diverse, e vedere come sono stati fatti i puntini, cosa è cambiato nel mio piccolo spartito a pois.
- Quarto esercizio: la linea su cui ho appoggiato i puntini diventa una curva. Oppure ha una frattura e si piega. E come cambia il mio ritmo? Potrei anche disegnarli per terra, oppure attaccare diversi pezzettini di scotch e giocarci su o far giocare qualcuno.
- Quinto esercizio: il punto = un buco. (Potreste lasciare il quinto esercizio alla fine, potrebbe aiutare a scaricare tensione) Prendiamo del cartone ondulato e giochiamo a produrre buchi. Osserviamo la superficie sotto le luci artificiali, vediamo come si modifica la superficie del cartone.
- Sesto esercizio: il punto= un cambiamento di lettura della superficie. Cosa succede attorno a questi vuoti? Cosa vorreste fare con lo spazio attorno? Decorarlo? Completarlo? Possiamo produrre punti interessanti con un cavatappi in modo che estraendolo produca snervature nel cartone. Ovviamente questo può portare a lavorare il contorno del punto con materiali vari, colle, gesso, millechiodi, ecc. Copriamo la superficie con qualsiasi colore abbiamo a disposizione (tempera, acrilico, pittura murale, smalto)-
Possiamo lavorare attorno al buco con della colla a caldo, oppure se vogliamo con strati di vinilica, o depositandoci attorno colore mescolato con colla e gesso, farina, polenta (qualsiasi cosa dia spessore). Una volta asciutto pitturerò tutto con un colore omogeneo. (guardate i lavori di Fontana!)-Il colore omogeneo mi fa vedere meglio l'effetto della luce sulla superficie. Pitturare nero o bianco cambia molto la texture, l'effetto della luce sulla superficie. Oppure pitturo metà bianco e metà nero? Provateci!
ARTE
- I buchi nella superficie: Lucio Fontana
- Yayoi Kusama
MOMENTO DISTENSIVO
Dopo aver fatto puntini per una giornata, potrebbe essere interessante manipolare pasta di sale, piantare qualcosa nella terra, qualcosa di distensivo e libero da manipolare dopo esercizi che hanno richiesto una certa rigidità.
Il valore della linea: la linea è ponte, unione, in geometria è un vettore. La linea è la strada tracciata su una mappa, i binari del treno sono due linee parallele, le curve di livello, le linee che ci mostrano i venti nel meteo. Tutto questo è una linea.
La linea può tracciare per terra un recinto e basta molto poco per raccontare una storia e che, per i bambini, quel recinto acquisisca un valore quasi tridimensionale, reale.
Ma la linea è pure un percorso per terra. Possiamo percorrerlo e immaginare che i vari tipi di curve o di tracciati abbiano un suono. La linea è un tracciato semplice, che può creare facilmente un codice che possiamo leggere e interpretare. Una linea con curve morbide può ispirare un modo di camminarci sopra, un tratto con curve che si aggrovigliano su sé stesse può suggerire una maggiore velocità e un passo diverso.
Si tratta di una convenzione che noi possiamo inventare, creare.
Kandinskj parla del punto come battito, la linea può essere allora una andatura.
La linea, in una sequenza di tracciati stabilisce delle strutture ritmiche suggestive. Ha il potere di generare textures e superfici ricche di significato.
La linea può essere aperta o chiusa, e quando la linea si chiude diventa una forma dotata di una superficie. Diventa un’altra entità grafica. C’è un momento in cui la linea aperta si completa nel nostro cervello e percepiamo un campo chiuso, che in realtà non lo è. Dipende dallo spessore della linea, e dalla forma che la linea genera. Quando andremo a disegnare, osserviamo ciò che accade sul foglio.
La linea aperta si oppone alla forma chiusa. Quest’ultima definisce un discorso concluso in sé stesso. La linea aperta è infinita, si apre in ramificazioni, si aggroviglia, si attorciglia, diventa labirinto, ricerca, percorso, scappa del foglio. Osserviamo pure questa sensazioni mentre facciamo le nostre linee.
PREPARAZIONE: Con un foglio circa 30 x 30 diviso in 4 parti uguali
Esercizio 1 – tracciamo linee sempre più intense. La mano parte leggerissima e man mano si appesantisce.
Esercizio 2 – le linee tracciate velocemente si uniscono in un punto. Devono farlo in modo preciso, senza sbavature
Esercizio 3 – le linee sono tutte di uguale intensità e tracciano righe a intervalli regolari, tutti uguali.
Esercizio 4 – Come prima ma in due passaggi, magari a 45°. Ovviamente ci si può esercitare moltissimo, stringendo la distanza tra le linee fino al punto di rendere difficile non toccare la linea acanto oppure con linee talmente distanti da rendere difficile stare paralleli. Dipende quanto ci piace sfidarci da soli!
NON FORZATEVI MAI!
ARTE
Tullio Pericoli – racconta minuziosamente textures e superfici, ombre. La linea non è ornamentale ma costruisce superfici immaginarie. Da notare la morbidezza e fluidità della linea
Lorenzo Mattoti – la linea, nei contorni, agisce da protagonista ed è multipla, colorata, espressiva. Non solo definisce una superficie.
Albrecht Durer – La linea come elemento ornamentale
In un viaggio recente in Val d’Orcia, ritrovai pienamente le immagini dei disegni di Pericoli quando racconta i paesaggi. Le linee tracciate dall’uomo sulla terra, il loro passaggio ritmico su e giù per le dolcissime colline, i punti segnati dai filari di ulivi.
Tutto suggeriva una sintesi, una lettura del territorio attraverso linee e punti. E dopo questi, una lettura quasi musicale.
Allo stesso modo, le immagini della Terra vista dal satellite che ogni volta mi sorprendono e mi colpiscono, suggeriscono a loro volta delle sintesi divertenti, stimolanti. In cosa si trasformerà il corso dello Zambesi visto da km di distanza?
Esercizio 5 – Utilizzo un disegno di un oggetto qualsiasi, lo completo con dei disegni ornamentali. Racconto l’oggetto e la sua storia attraverso gli ornamenti. Potrei raccontare qualsiasi superficie: un suolo pieno di foglie, un tessuto, la pelle di un animale (il Rinoceronte di Durer insegna)
Esercizio 6 – Disegno una forma, ma passo più volte con strumenti uguali ma colori diversi il contorno. Posso anche provare con una linea grossa e poi ripassare con una sottile e viceversa, vedere e studiare i risultati.
Esercizio 7 – Utilizzando un foglio intero – Con una cannuccia soffiamo gocce d’inchiostro sulla carta. Sono i nostri alberi immaginari. Possiamo modificare poi spandendo le gocce con uno stuzzicadenti. Una volta asciutto, possiamo completarlo utilizzando la linea come ornamento per costruire foglie, altri rami, ecc
ESERCITAZIONE FINALE, ELEMENTO CENTRALE DEL NOSTRO TEMA.
Esercizio 8 – Foglio intero - Utilizziamo una delle foto di Google e trasformiamola in un tracciato. Usiamo tutto ciò che finora abbiamo provato: linee ma se servono, anche punti. Pennarelli o biro o matita. Forse bisognerà provare più di una volta, perché non è detto che lo strumento che sceglieremo poi sarà quello giusto.
E’ bene utilizzare carta non troppo grande quindi non più di 21 x 21, per non rendere il lavoro troppo stancante.
Una volta fatto il disegno, possiamo liberamente aggiungere gocce d’inchiostro, macchie, colorarlo.
PATAGONIA di Lorenzo Mattotti è un’ulteriore stimolo visivo. Guardiamo le immagini leggendo il lavoro fatto con la linea.
Ho trovato nelle geometrie dei paesaggi antropizzati e nelle fotografie satellitari un modo di leggere lo spazio una fonte d’ispirazione enorme. Con un pieno di stimoli che arrivano da cose e immagini, e luoghi vissuti, la lettura del paesaggio come se fossero le linee della mano (anche queste potrebbero ispirarci!) porta stupore e meraviglia.
Linee curve, rette, linee che si susseguono con un ritmo preciso dato dal lavoro dell’uomo, o dal lavoro dell’acqua nella terra, o del vento sulla sabbia del deserto, sono linee significative. Linee di milioni di anni, linee che portano una cultura in sé, una storia, leggerle in questo senso può aiutarci ad esprimere profondità quando lavoreremo con carta e penna.
Ovviamente, se riusciremo a fare lo sforzo di collegare questi ritmi con suoni, percussioni, battiti, allora avremo completato la lettura sotto tutto gli aspetti possibili.
Potete anche provare facendo un piccolo video con i suoi e l’immagine che avrete prodotto che vi soddisfa di più.
Ohran Pamuk (Premio Nobel per la letteratura 2006)-, “Il museo dell’innocenza”, Turchia 2006/ Einaudi 2009
Questa serie di esercizi sarà dedicata, o meglio, trarrà ispirazione al modo degli oggetti.
E dedicare le attività agli oggetti vuole essere una riflessione, un modo di trarre idee.
Siamo in peno lock down e il tempo trascorso a casa ci porta a poter osservare di più gli spazi attorno a noi e gli oggetti che lo abitano. In fin dei conti il nostro mondo è popolato soprattutto di immagini e oggetti, e questi ultimi nella nostra cultura sono tutt’altro che essenziali o necessari.
Siamo circondati di oggetti-ricordo, oggetti-amati, oggetti-detestati, oggetti-ignorati, oggetti-simbolo, oggetti-necessari, quelli funzionali, ereditati, regalati, imposti, non voluti.
Spesso non li vediamo, non riflettiamo su di loro, non ci poniamo domande. Ma alla fine è un mondo pieno di contraddizioni, affascinante, ingombrante.
Proveremo a lavorare su oggetti di tutte le categorie. Riappropriamoci della loro materia e giochiamoci, ispirati pure dalla letteratura.
Non possiamo visitare musei ma due scrittori hanno lavorato su musei immaginari e non, e se vogliamo, sono letture che possono accompagnarci nel percorso.
Già il mondo degli oggetti fu al centro della discussione (e lo è tutt’ora) durante le produzioni artistiche del Ready-made. Marcel Duchamp, polemico, propose oggetti del quotidiano come forma d’arte irriverente e provocatoria. Ma non ci fermiamo a parlare di storia dell’arte adesso! Potete andare a vedere Duchamp quando vorrete, internet è piena di notizie al riguardo.
Altri artisti hanno rappresentato il mondo degli oggetti in modo particolare: Joseph Cornell (1903-1972) e altri che potete trovare con la chiave “assemblages” (si tratta sempre di collages tridimensionali che uniscono oggetti)
I materiali necessari
Prima di tutto preparerete la vostra “scatola delle meraviglie”: dentro potrete tenere resti di tessuti, pezzi di carta, materiali suggestivi, colla, colla a caldo, forbici, colori, corde, nastri, resti di carta da parati, cartone.
Il metodo
Posso rappresentare gli oggetti con il disegno, con qualsiasi tecnica si voglia lavorare. Si possono fotografare e poi stampare e ritagliare, usare per fare dei collages. Incollarli direttamente in un contenitore o su un supporto rigido.
Consiglio: non incollate subito. Cercate, indagate, completate e quando siete pronti incollate tutto. L’oggetto può essere un bottone e la superficie una t-shirt, una borsa, qualsiasi materiale va bene. Ogni supporto apporterà un significato.
Consiglio 2: quando inizierò a riflettere sugli oggetti, avrò molte idee e suggestioni, sensazioni e pensieri. Tenete sotto mano sempre un taccuino e una matita molto comoda (biro, stilo, ecc)
- Partiamo da un museo che esiste, e in questo esercizio lavoriamo sul libro di Ohran Pamuk, “Il museo dell’innocenza”.
Ohran Pamuk
Il museo di Pamuk è un museo esistente, che racconta personaggi di una storia attraverso oggetti che li identificano, li “materializzano”, li rendono quasi reali, come se fossero esistiti davvero.
Ohran Pamuk scrive un libro sulla storia di due amanti, e mentre scrive crea un vero museo che si trova nel quartiere di Çukurcuma nel distretto Beyoğlu della città di Istanbul in Turchia, con oggetti da lui trovati in giro per antiquari, rigattieri e mercatini. Crea delle bacheche dove inserisce oggetti che narrano scene della storia oppure descrivono i personaggi.
-Ohran Pamuk (Premio Nobel per la letteratura 2006-, “Il museo dell’innocenza”, Turchia 2006/ Einaudi 2009
INPUT
1 - Raccolgo oggetti che mi ricordano una persona (positiva o negativa?). Ricordo il momento, un attimo particolare legato all’oggetto, immagino il contesto, il paesaggio, il luogo. Cerco di ricordare parole, pensieri, frasi, gesti. Poi disegno questi oggetti sulla carta o su qualsiasi cosa io abbia preso come supporto. Comincio a lavorare fino a quando considero rappresentata la persona. Rifletterò sulle sensazioni prima, dopo e durante il lavoro di rappresentazione.
2 - Raccolgo degli oggetti che mi piacciono o mi incuriosiscono- Immagino che appartengano ad una persona che non esiste, inventata da me. Possono essere oggetti del suo ambiente, effetti personali, vestiario oppure oggetti per qualche motivo appartenuti alla persona come un libro o una penna. Invento una storia per questa persona immaginaria, un piccolo racconto e faccio una illustrazione con qualsiasi tecnica. Posso anche solo scrivere e lasciare le immagini in un secondo piano
3- Raccolgo oggetti che non uso/guardo da anni, non mi interessano, non suscitano in me nulla. Li metterò insieme (posso anche sceglierne uno solo) e inventerò un loro glorioso passato. Da dove vengono? Ché strada hanno fatto? Perché sono arrivati da me, oggi? Quanto hanno viaggiato? Chi li ha posseduti prima? Forse non valgono nulla, ma io inventerò un valore immenso, immaginario, dovuto a….
Elizabeth Buchan, “Il museo delle promesse infrante” – Nord Editore ,2020
Nel suo libro, Elizabeth Buchan racconta la storia di un museo dove le persone portano oggetti che in qualche modo rappresentano una promessa infranta. Nel libro, ogni oggetto ha una frase che porta in sé i ricordi di quella promessa e di quella storia. Noi lavoreremo con oggetti singoli, in quanto portatori di un significato per noi, nella nostra vita reale. Proveremo a decostruire questi significati e a giocare a costruirne di nuovi, totalmente immaginari.
SEGUITE LE INDICAZIONI DEI PERCORSI CREATIVI DI OHRAN PAMUK. IL MODO DI LAVORARE E I MATERIALI SONO GLI STESSI!
1- Trovo un oggetto che mi ricorda una promessa infranta. Oppure una promessa che in realtà si è realizzata. Qual è la frase che lo accompagnerà? Questo oggetto quindi ricorda una scena o un momento particolare. Se è molto lontano nel passato potrebbe essere difficile da rappresentare, ma allora potrebbe aiutarci un colore, o uno stato d’animo rappresentato in forma astratta, un collage con lettere che compongono la frase, oppure una serie di textures e colori messi insieme a rappresentare il momento
2 Se osservo alcuni oggetti, e li associo a persone o momenti particolari, ben definiti, questi riportano a stati d’animo ben precisi. Prima parlavamo delle promesse infrante. Se sono state infrante da noi, possiamo vivere un rimpianto, oppure nostalgia, Al contrario, potremmo provare rabbia, o serenità se abbiamo perdonato. Il nulla, se abbiamo deciso di dimenticare.
Proviamo allora a trovare un oggetto che rappresenti rabbia, uno che racconti felicità, uno che rappresenti una meta che abbiamo raggiunto, uno che racconti la nostalgia. Ci troviamo di fronte a 4 oggetti ben diversi, con ruoli emotivi diversi.
Immaginiamoli completamente spogli da questi ruoli e mettiamoli in relazione in una storia che per qualche motivo li vede insieme, attraverso il vissuto di un personaggio, o in una storia completamente diversa e immaginaria.
Come rappresentare questa storia?
Un’idea sono i collages delle maschere di Enrico Baj, oppure creando un assemblage con gli oggetti stessi, o creando un collage con materiali diversi, o utilizzando immagini simili a quelle degli oggetti scelti, trovate da internet e stampate. Messe insieme potrebbero creare un moodboard, che è una specie di bacheca con immagini messe in rapporto armonico, a spiegare uno stato d’animo, una scelta cromatica, ecc